La coraggiosa e bella riscrittura musicale del Maestro Antonello Mercurio offre l’ascolto di una partitura completamente nuova – proposta in una versione con due pianoforti – ricca di suggestioni e atmosfere della migliore tradizione musicale novecentesca.
La trama è molto semplice e segue alla lettera il testo dell’originale libretto, tradotto in napoletano.
I personaggi sono tre: Uberto, scapolo ricco e allergico al matrimonio, Serpina, la sua serva-padrona capricciosa e intraprendente, e Vespone muto domestico, pedina necessaria al gioco bizzoso tra i due che si concluderà con un felice epilogo nunziale. Già il titolo, nel proporre un buffo e bonario ossimoro, ci cala con estrema maestria in un clima musicale di assoluta pregnanza e incisività. Subito si intuisce che le resistenze di Uberto saranno destinate a capitolare davanti all’intraprendenza e alle strategie seduttive di Serpina.
Mi è sembrato opportuno, ritornando dopo qualche anno a rimettere in scena questo intermezzo buffo cedere ad un azzardo e trasportare la vicenda nei secondi anni trenta del Novecento. In una provincia napoletana, fascista a modo suo, tra cascami di teatro post-scarpettiano, Uberto è un burbero gerarca da operetta che ama il teatro e ha in casa un teatro di marionette (sua antica passione), Serpina è una delle tante servette che, arrivate dalla campagna, cerca una sua possibile scalata sociale e, infine, Vespone un poetico e fine dicitore. Egli aprirà l’azione con ‘un cunto’ (prologo) attraverso il quale racconterà la vicenda nei modi e nello stile della cultura popolare.
Pasquale De Cristofaro